L’Oratorio, non è solo una struttura, o un generico luogo, o un banale cortile; ma nemmeno una riduttiva animazione, o qualche gioco; non è solo un programma di attività, come doposcuola o corsi di teatro o di musica, o una società sportiva; nemmeno solo i gruppi di ragazzi che si trovano settimanalmente coi loro educatori per il famoso “incontro” di catechesi. O meglio, è tutto questo, ma è anche molto di più.
L’Oratorio è innanzitutto una modalità di guardare al destino dei ragazzi, uno stile educativo che guarda la persona in modo integrale.
E’ il desiderio di una comunità adulta che si fa educante e decide di attivare tutto ciò che serve (spazi, modalità, tempi) per accompagnare passo passo la vita delle giovani generazioni, facendosi casa per loro.
L’Oratorio (inteso dunque come stile educativo) è il meglio del cuore di una Chiesa che, nella sua storia secolare di santità, si è data questa modalità di prendersi cura dei giovani.
E’ importante ripartire da questo cuore che non riesce a non cedere alla bellezza (faticosa ma struggente e carica di futuro) che emana il destino potenzialmente ricco di una giovane anima, sebbene all’apparenza a volte sembri non essere così affascinante. Ma è proprio questa la follia formidabile che nutre dal profondo lo stile oratoriale: credere che in ogni cuore ci sia un punto di accesso al bene, che Dio conosce. Fare Oratorio vuol dire amare con questo stesso sguardo folle di Dio, che ama nonostante tutto e ostinatamente. E lasciarsi sprogrammare da esso. E’ la capacità vocazionale di saper vedere quell’invisibile, che come un mistero affiora dalla vita di ogni ragazzo. E’ voglia di “stare-con-loro”, di rendere le comunità una casa accogliente, dove vivere la vita buona che viene dal Vangelo.