30 Apr La profezia dell’Oratorio: sogniamo insieme
Che senso ha parlare ancora di Oratorio oggi, quando i ragazzi e i giovani sembrano non avere nessuna intenzione di trovare “una casa” dove passare il loro tempo e dove vivere le loro relazioni?
Che senso ha parlare ancora di Oratorio oggi, quando gli adulti, che siano educatori, catechisti, allenatori o altro tipo di volontari e comunque tutti siamo così privi di tempo, così pieni di tante altre cose da fare o incombenze, che al massimo possiamo dedicare un’oretta per l’incontro settimanale e niente di più?
Qualcuno dice che ha senso perchè alla fine l’Oratorio è quello spazio di cortile per “quei ragazzi difficili o stranieri”, che qui da noi danno un po’ di problemi, però almeno cerchiamo di mettergli un educatore accanto e li conteniamo. E poi magari facciamo anche un doposcuola “per chi ha bisogno”, ma noi della comunità con “quelli lì dell’Oratorio” non c’entriamo niente, anzi poi non è che lascino in ordine le aule che a noi servono per il catechismo….
Che senso ha parlare ancora di Oratorio oggi, quando ormai tutto va a rotoli, perchè non ci sono più le parrocchie di una volta, e anzi oggi accogli di tutto in Oratorio e anzi ci vengono i mussulmani o quei ragazzi che a messa non ci vengono, mentre gli altri ragazzi, “i nostri” chissà dove sono, fanno gli incontri con gli educatori, magari anche i campeggi, ma poi anche a loro a messa forse non li vedi tutti, però almeno agli incontri ci vanno…
Che senso ha parlare ancora di Oratorio oggi, quando anche il linguaggio privilegiato dello sport, sempre così essenziale allo stile oratoriale, sembra essere uscito dai radar della nostra educazione (con guerre fredde e meno fredde tra catechisti e società sportive), anzi, forse lo stesso intento educativo ed evangelizzante sembra essere uscito dai radar delle stesse società sportive, più impegnate a erogare servizi “all’altezza”, in competizione numerica con le altre società del territorio, e dove si è smarrito il senso del servizio tra gli allenatori, un compito ormai assolto quasi esclusivamente a pagamento.
Per qualcuno dei Consigli Affari Economici della parrocchia, invece, oggi ha ancora senso parlare di Oratorio perchè abbiamo un mutuo da pagare perchè lo abbiamo costruito nuovo, oppure restaurato; lo abbiamo voluto e ora dobbiamo raccogliere i soldi, e fare sagre, cene, lotterie, e chiedere alle famiglie che facciano offerte, ogni domenica, ogni festa, ogni occasione.
E l’Oratorio (la struttura) poi che sia usato o meno, cioè che si faccia davvero Oratorio fa poi lo stesso: l’importante è coprire il mutuo.
Che poi anche come lo si usa è importante, perché non è che vieni qui, usi le stanze e non lasci niente.
Ed è meglio farci dei compleanni o delle feste, così raccogliamo qualcosa, piuttosto che usarlo per dei gruppi della parrocchia che non lasciano niente. Insomma, si potrebbe andare avanti all’infinto. Ho esagerato, inventando situazioni del tutto irreali ed estreme che non accadono certamente nel nostro tessuto pastorale diocesano.
Ma questa esagerazione parte da una considerazione che fu del vescovo Massimo, quando nel marzo 2019, fece il suo intervento sull’Oratorio in una giornata per dirigenti di società sportive del CSI e educatori di Oratorio. Disse che veniamo da un tempo in cui lentamente la nostra pastorale si è frammentata, settorializzandosi e generando sempre di più dei compartimenti stagni nell’azione educativa della nostra chiesa e delle nostre parrocchie.
E così l’Oratorio, che è uno stile educativo, uno stile di prossimità di un’intera comunità adulta verso i più piccoli, è stato snaturato, generando soprattutto l’effetto negativo di dare un’immagine distorta del cristianesimo. Infatti il cristianesimo mette al centro tutto l’uomo, promuove in modo integrale (e non dis-integrato) tutta la persona, educando i ragazzi a trovare il Signore in ogni cosa, facendo fare loro esperienza che insieme a Gesù puoi gustare ogni aspetto della vita umana.
Per questo si fa educazione con la catechesi e la preghiera, ma certamente con lo sport e il teatro, con l’arte e il servizio, con la musica e il cinema, con la scuola e lo studio, con l’informalità e il gioco e il tempo libero, nella gratuità di una prossimità e di un’amicizia tra giovani e adulti: relazioni che ti fanno “sentire a casa”.
E così i ragazzi imparano a gustare un umanesimo diverso e nuovo, ispirato dal vangelo, trovando Dio in ogni cosa. L’Oratorio, inteso come stile, è sempre stata l’espressione più alta di questo stile educativo della chiesa. Interrogandoci su questo insieme al Gruppo di lavoro sull’Oratorio, i preti di pastorale giovanile dei poli, la consulta diocesana e gli educatori stabili, in tutto l’anno scorso, abbiamo maturato una visione che si è tradotta in questo disegno che trovate qui accanto, realizzato da Francesco De Benedittis.
Disegno che esprime il nostro sogno, un sogno che vorremmo diventasse realtà, un sogno che pensiamo raccolga tutta la profezia dell’Oratorio, anche per il nostro tempo. Innanzitutto sogniamo un Oratorio che metta al centro la persona (il personaggio con la maglia colorata), il suo cammino evolutivo che è fatto di tempi lunghi di vita (dall’infanzia all’età giovanile dove si prendono le scelte vocazionali), di passaggi importanti che vanno custoditi e valorizzati.
Un cammino che ha una forte direzione vocazionale (perchè qualsiasi azione di pastorale giovanile deve essere vocazionale, altrimenti è altra cosa) e che è sempre connotato dall’incontro con la persona di Gesù: che ti attende sulla soglia, che ti ascolta nelle domande dell’adolescenza, che guarda con te il cielo stellato e sterminato del futuro quando cerchi la strada della tua vocazione.
Allora nell’Oratorio che sogniamo l’accompagnare diventa stile imprescindibile, paradigma di ogni scelta di servizio: non si “fanno cose” che rischiano di essere estemporanee, non si “timbra il cartellino dell’incontro”, ma la prospettiva è accompagnare il cammino di una persona che cresce, anche e soprattuto al di fuori dell’incontro, nella quotidianità di una relazione di prossimità e di cura, e anche nella prospettiva di un tempo che è ampio e disteso, come la strada che porta alla maturazione.
Sogniamo un Oratorio che sappia così diventare “casa”: una casa fatta di persone diverse, di età diverse, di vocazioni diverse, con competenze diverse, con ruoli diversi, con linguaggi diversi. Ci sono giovani e anziani, famiglie e consacrati, allenatori e catechisti, educatori e cuochi, scout e sacerdoti, baristi e volontari del cortile.
C’è chi suona la chitarra, chi sa fare teatro e chi conosce la comunicazione e il web. E in mezzo, se guardate bene, ci sono i santi, di ieri e di oggi. E tutta questa casa, fatta di persone, sta in piedi perchè ci sono rapporti strampalati, a volte rischiosi, con equilibri precari. Eppure misteriosamente si regge, perché la comunione è un dono paradossale che viene dal Cielo, non appartiene alle capacità umane, ma è frutto dello scoprirsi amati gratis da Dio.
Sogniamo un Oratorio che è una comunità educante, e che in questo modo sappia diventare quel contesto in cui si compie il cammino del giovane, che entra per imparare a vedere e gustare la vita con lo stile e i gusti di Gesù, e con Lui impari il discernimento, per poi uscire verso l’avventura che lo attende.
Una comunità educante che fa dell’Oratorio non tanto una struttura o un luogo fisico, ma uno stile educativo, con tanti linguaggi diversi, ma con un unico cuore. Perchè l’Oratorio esiste quando alcuni della comunità decidono di buttare il cuore oltre l’ostacolo e accettano di farsi sprogrammare la vita dal destino dei ragazzi, con gratuità, senza altri fini.
Educatori, catechisti, società sportive, sacerdoti e tutti gli altri sanno mettersi attorno a un tavolo a sognare insieme per i nostri ragazzi? Allora iniziano le avventure, quelle belle. E questa può essere una profezia poderosa per il nostro tempo!
don Carlo Pagliari