20 Nov Levare gli ormeggi: i preadolescenti ci spingono al largo
Prosegue e si allarga il progetto sperimentale per i preadolescenti attivato lo scorso anno da Ufficio catechistico e Servizio per la pastorale giovanile, sforzo di collaborazione tra uffici diocesani che ha aperto la strada – insieme ad altre esperienze e desideri – ad una condivisione più sistematica tra i vari soggetti diocesani che accompagnano le parrocchie.
Levare gli ormeggi
Levare gli ormeggi è il nome dato a questo progetto: nome suggestivo che intende “prendere sul serio” e accompagnare nella luce della fede cristiana il cambiamento e le sfide evolutive che l’età preadolescenziale porta con sé; ma anche nome profetico, che invita a lasciarsi sorprendere dalle risorse che scopre già presenti nelle comunità della diocesi e dalle energie nuove che sta suscitando.
Nei mesi estivi, il Tavolo di lavoro ha raccolto e rielaborato l’esperienza delle 6 Unità pastorali che hanno sperimentato il progetto nello scorso anno. Il materiale predisposto per l’accompagnamento dei catechisti e la progettazione delle attività ha costituito la possibilità di registrare e osservare il percorso esistenziale di educatori e ragazzi con una certa profondità. Oltre che motivo di soddisfazione per le stesse persone coinvolte, la rilettura del cammino fatto ha permesso agli uffici diocesani di raccogliere suggerimenti e indicazioni utili, di migliorare la proposta, di confermare l’impostazione e allargarla ad altre Unità pastorali. Il primo anno sperimentale ha poi consentito di preparare il materiale per le seconde medie con maggiore lucidità e precisione.
Significativa aggiunta che si è messa a fuoco nel lavoro di questi mesi – e che è stata esplicitata in ciascuno dei 5 passaggi previsti per ognuno dei 3 anni – è l’indicazione di «Riconoscere lo Spirito Santo» nella vita comunitaria e personale. Spesso dello Spirito Santo si cerca di dare informazioni durante la preparazione prossima al sacramento della Cresima. Volendo essere coerenti con lo stile del progetto, che intende educare alla vita cristiana con un metodo esperienziale di catechesi, suggerimento consegnato ai catechisti/educatori è quello di aiutare i ragazzi a scoprire la presenza dello Spirito già operante nella vita e ad accoglierne le provocazioni per la quotidianità. Il riferimento all’azione dello Spirito, accompagnato dalle immagini delle lenti di occhiali, costella i sussidi della prima e della seconda media, auspicando che smetta di essere un “tema di Cresima” e diventi “un tema di vita”.
Unità pastorali in rete
Si sono già svolti due incontri del Tavolo che coordina la sperimentazione e che a settembre ha accolto i coordinatori delle 6 nuove UP. La disponibilità dei membri, puntuali e desiderosi di mettersi in gioco nonostante il tempo sempre pieno di tante cose, consente di accompagnare con realismo e competenza il lavoro di oltre un centinaio di catechisti/educatori, grazie anche alla presenza della pedagogista dell’Università Cattolica Alessandra Augelli che mette in campo professionalità e passione da oltre due anni per questo percorso. L’esperienza di questi due anni ci sta insegnando il valore di uno spazio di accompagnamento non estemporaneo, in cui custodire la consapevolezza degli obiettivi, costruire insieme i passi l’uno dopo l’altro, sostenersi vicendevolmente in un’avventura che è nuova per tutti.
Sono 6 le Unità pastorali che hanno chiesto di partecipare a Levare gli ormeggi in questo anno pastorale: Campagnola-Fabbrico, «Beata Vergine delle Grazie» in Correggio, «Maria Regina della famiglia» in San Martino in Rio, «Terre del perdono» in San Polo e Canossa, «Santa Teresa di Calcutta» (Reggio zona est), Baiso-Viano. Esse si aggiungono alle 6 che lo scorso anno hanno dato vita alla sperimentazione, contribuendo in modo significativo alla sua strutturazione: «San Oscar Romero» (Reggio zona nord), «Beata Vergine della Neve», «Beata Vergine della Fossetta» in Novellara, «Gioia del Vangelo» in Campegine e Gattatico, «Pieve di Scandiano», «Beata Vergine dell’Olmo» in Montecchio e Aiola.
La vivace diversità della nostra Diocesi è nota; l’incontro tra realtà anche molto diverse all’interno dello stesso progetto stimola, arricchisce, talvolta può affaticare. Certamente è una provocazione utilissima agli uffici diocesani, affinché si sforzino non di costruire proposte idealmente bellissime ma accessibili ad alcuni, ma di suscitare la progettualità locale nelle UP realizzando strumenti di sostegno capaci di adattarsi alla diversità di risorse, tradizioni e contesti sociali.
Il margine bianco
In apertura dell’anno pastorale, sabato 15 settembre, tutti i catechisti coinvolti dal progetto nelle varie parrocchie erano attesi in via Adua presso l’Oratorio Don Bosco per il primo dei quattro appuntamenti previsti di formazione specifica. La prof.ssa Augelli ha condotto al mattino i lavori del gruppo al secondo anno di sperimentazione, mentre al pomeriggio ha introdotto a Levare gli ormeggi insieme a don Stefano i catechisti delle nuove prime medie. Non è semplice rendere produttive tre ore di laboratorio per un gruppo così numeroso: il desiderio di mettersi in gioco ha però supplito alla spaesata curiosità iniziale dei nuovi arrivati, permettendo di tornare a casa con la voglia di provarci sapendo di non essere soli.
Scegliere di adottare un metodo esperienziale nel percorso pastorale coi ragazzi, se da un lato apre orizzonti coinvolgenti e appassionanti dall’altro rischia di smarrire il filo rosso della proposta. Per questo motivo, a ciascun catechista/educatore è stato affidato un semplice strumento di accompagnamento, un quaderno personale con alcune domande e lo spazio per rispondere. Scopo de Il margine bianco è duplice: mettere in gioco, da parte del catechista/educatore, il proprio percorso personale di vita e di fede, lasciando che i «passaggi» e le «domande di senso» interpellino anzitutto se stessi prima di servirsene strumento organizzativo delle attività; osservare con profondità e registrare con benevolenza il percorso dei ragazzi, i loro passi, le loro domande, le loro attese, le loro risorse. Dunque, in questo progetto non c’è un programma predefinito, ma un “margine bianco” che attende di arricchirsi con il contributo attivo delle persone che vi partecipano.
Leggendo a giugno la trascrizione di alcune delle risposte di chi ha scelto liberamente di condividerle con l’ufficio diocesano, è possibile dire che l’intento di educare alla «vita buona del Vangelo» – come recita il titolo degli orientamenti della CEI per il presente decennio – ha trovato eco nell’impegno di numerosi catechisti nelle prassi delle nostre comunità.
E i genitori?
Il desiderio di coinvolgere i genitori nel cammino dei ragazzi in modo non formale è sincero. La consapevolezza che la distanza appare a prima vista incolmabile non esenta dallo sconforto. Lo sforzo ha per ora preso la forma di due incontri annui condotti in parte dall’ufficio e in parte dai catechisti dell’UP. Molta strada è ancora da fare, tenendo conto della fatica a darsi il tempo di fermarsi, ma anche della reazione positiva dei papà e delle mamme che hanno accolto l’invito agli appuntamenti. Riportiamo, in conclusione, uno stralcio del testo contenuto nel sussidio della seconda media:
«Il dono più grande che i figli preadolescenti che vivono un percorso di fede possono fare ai loro genitori è quello delle domande: un infittirsi di domande che spesso esprimono male ed orientano a raffica, in ogni direzione; domande che sembrano il più delle volte distruttive e provocatorie, ma che nascondono, in realtà, una voglia di ricercare il senso e di ricercare il Bene che resta forse unica nella vita. La capacità di un genitore deve essere proprio quella di comprendere il valore di queste domande, aiutare i figli a volgerle bene, ad orientarle, a diradarle, ad accarezzarle. […] I genitori che li accompagnano al meglio non sono quelli che sanno già dove andremo a parare, che sono già certi dell’esito e degli approdi a cui giungeranno, ma sono quelli che vogliono avventurarsi con loro, con passione e fiducia».
