La professione di fede

La sera di sabato 24 novembre, se avessi guardato Reggio dall’alto, avresti visto un luccicare di luci, tra le viuzze del centro e le sue arterie più grandi. E se avessi guardato meglio, avvicinandoti di più seguendo le luci della via Emilia, avresti seguito il brulicare della gente tra piazze e vicoli, pieni di bancarelle. E avvicinandoti avresti sentito rumori di musica, voci, e poi odori e sapori. E se avessi guardato meglio avresti visto che non tutti girovagavano festanti, rallentando tra un banco e l’altro, tra una chiacchiera e un saluto, ma avresti visto qualcuno camminare sicuro, con un obiettivo: tra la folla in festa per san Prospero, infatti, c’era anche il brulicare del tifo biancorosso, che andava verso il Pala Bigi, cercando disperatamente una vittoria. Luci e ombre del sabato sera di sagra a Reggio Emilia.

Tra queste luci e bancarelle, un gruppo di giovani, in prima serata, si raduna nel vicolo in penombra di Via Vittorio Veneto. Avevamo appuntamento per salire dal vescovo Massimo: erano tutti in anticipo di mezz’ora, segno di evidente agitazione. Li ho raccolti, nella loro emozione, e siamo saliti in casa.

Il Vescovo ha conversato con loro, chiedendo i motivi del loro essere lì quella sera, per la professione di fede, ascoltando qualche racconto del loro quotidiano, per conoscerli meglio e per condividere anche le sue riflessioni e aspettative. La sala dove eravamo aveva i finestroni solenni che davano su piazza Prampolini: affascinante dall’alto, e tutto sommato calda con le sue luci e bancarelle. Ma era molto diverso il calore accogliente che si respirava tra quei 29 giovani che, dalle loro vite normali e ordinarie, camminando con gli amici, educatori e sacerdoti delle loro comunità, hanno deciso di mettere un segno nella loro consapevolezza cristiana.

Il bello della proposta pastorale della Professione di Fede è proprio il dare una possibilità di consapevolezza, un obiettivo di senso e significato anche al cammino che per tutte le superiori viene proposto nelle nostre comunità. Noi cristiani non facciamo intrattenimento, neanche baby-sitteraggio. Ma accompagniamo ragazzi nel loro cammino di fede, perché possano renderlo esplicito, diventando costruttori di un nuovo umanesimo: e quando arrivano a 19, 20 anni, o anche 25 o 26 anni, dobbiamo fare il favore ai ragazzi di esplicitare la domanda fondamentale della loro vita: in cosa o in chi credi? Che posizione prendi nella tua vita circa il cammino cristiano che hai fatto?

Non è un sacramento, e nemmeno un punto di non ritorno, ma la Professione di Fede è la possibilità di celebrare un tappa di un cammino che segna un passaggio tra la maturità e gli inizi dell’università o del lavoro, quando la vita inizia a diventare seria, e così le domande di senso: è qui che il cammino di fede e la relazione col Signore mette radici e diventa seria, fino a diventar domanda vocazionale.

I ragazzi nelle loro comunità si sono preparati cercando dove il Signore si è manifestato nella loro storia, dove lo hanno incontrato e fatto esperienza, e lo hanno raccolto in uno scritto. Non tutti poi decidono di farla. Nelle comunità tanti hanno fatto il lavoro, ma non hanno fatto il passo degli altri 29 giovani. Ma è un esercizio utile lo stesso. Ed è sempre bellissimo ascoltare le loro testimonianze di fede, i loro passi, vedere come sanno riconoscere Dio, aiutati da sacerdoti o adulti nella fede. La loro ri-lettura e il loro si, come ha detto il Vescovo, aiuta anche noi adulti a dire il nostro “Sì” a Cristo, ancora e ancora. In modo sempre rinnovato.

Così la cattedrale, tra il brulicare della festa sanprosperina, ha accolto anche il brulicare curioso di chi è venuto per sostenere o celebrare il passo coi giovani coinvolti: c’erano comunità, gruppi di giovani e adolescenti coi loro educatori o sacerdoti, e anche adulti. La chiesa era piena e raccolta.  Come ogni anno. E la celebrazione, animata magistralmente dal coro dei ragazzi dell’IDML, ha preso il via: semplice, con momenti di emozione alla lettura delle storie di Elena (di Sassuolo), Michele (di Casalgrande-Salvaterra) e Claudia (di Scandiano), e di avvolgente e ordinata bellezza.

“Seguimi” – “Chi sono io per te?” – “Mi ami?”, le tre parole di Gesù a Pietro che il Vescovo ha sottolineato nell’omelia: parole che tracciano le tappe di percorso di fede e di discepolato, e che, unitamente alla lettera che lui ha consegnato ai 29 giovani, possono diventare strumento utile per costruire una propria regola di vita.

Tra la festa gaudente e distratta di una città presa da tante lucine commerciali ed effimere, in Cattedrale abbiamo colto la luce silenziosa e profonda di giovani che provano a prendere sul serio la proposta di Gesù e del suo Vangelo. Costruttori di un umanesimo nuovo, luce divina per la città degli uomini.

 

don Carlo Pagliari